EDILIZIA E URBANISTICA

EDILIZIA E URBANISTICA

La generica qualità di proprietario di un immobile adiacente a quello in cui sono state eseguite opere abusive, oggetto di un provvedimento di demolizione, non vale - in assenza dell'allegazione di una specifica posizione di contro interesse in senso formale o sostanziale (id est occulto o sopravvenuto), basata sopra uno specifico vantaggio ritraibile dal provvedimento impugnato tale che si possa configurare in capo a quest'ultimo la titolarità di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo - a legittimare il ricorrente all'appello. Il proprietario del fondo adiacente non può, quindi, ritenersi legittimato a proporre appello neppure se interveniente ad opponendum nel giudizio di primo grado.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2302 del 2009, proposto dal signor F.D., rappresentato e difeso dagli avvocati S. Venturi, Fiorenzo Bertuzzi e Paola Ramadori, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima in Roma, via Marcello Prestinari, 13;

contro

T.S., non costituito in giudizio;

nei confronti di

Comune di Paitone, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, sede staccata di Brescia, sezione prima, n. 1439 del 27 ottobre 2008, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere abusive.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2017 il consigliere Nicola D'Angelo e udito, per l'appellante, l'avvocato Bertuzzi;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1.Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. per la Lombardia, sede staccata di Brescia - dopo aver dichiarato ammissibile l'intervento ad opponendum del signor D.F. ed aver respinto il primo motivo di ricorso (entrambi i capi non sono stati impugnati) - ha accolto l'impugnativa proposta dal signor S.T. contro l'ordinanza del comune di Paitone, prot. n. (...) del 6 luglio 2006, che ha ingiunto la demolizione di opere relative ad una nuova stalla realizzata dallo stesso, compensando fra le parti le spese di lite.

2. Il manufatto, adiacente alla proprietà del signor D.F., era stato costruito sulla base di un'autorizzazione provvisoria rilasciata dallo stesso Comune per lo svolgimento dell'attività di allevamento dei bovini da latte in ampliamento di una stalla preesistente. Scaduto il termine per la sua rimozione (25 aprile 2004) la struttura non era stata demolita.

3. Nella causa di primo grado si è costituito il comune di Paitone e, con un intervento ad opponendum, il signor D.F..

4. Solo quest'ultimo ha poi impugnato la suddetta sentenza, prospettando i seguenti motivi di appello.

4.1. Vizio di ultrapetizione, violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il giudicato, violazione dell'art. 26 del R.D. n. 1054 del 1924 e dell'art 2 e ss. della L. n. 1034 del 1971 in relazione all'accoglimento sulla base di un motivo non contenuto nel ricorso di primo grado.

Il T.a.r. ha accolto il gravame sulla base di un profilo non dedotto nel ricorso introduttivo del giudizio, cioè che la disciplina sulle distanze degli allevamenti potesse essere derogabile.

4.2. Esercizio da parte del T.a.r. di poteri eccedenti da quelli previsti dall'art. 26 del R.D. n. 1054 del 1924 e dall'art 2 e ss. della L. n. 1034 del 1971, esercizio dei poteri eccedenti la giurisdizione nell'accoglimento dell'istanza di sospensiva non in relazione al progetto di cui al provvedimento impugnato ma ad un eventuale progetto modificato mai presentato dal signor T..

Il T.a.r. ha accolto il ricorso di primo grado, stabilendo: "l'onere per il ricorrente di presentare al Comune entro un termine ragionevole un progetto di regolarizzazione corredato di una perizia agronomica da cui risultino le esigenze aziendali (ai fini del dimensionamento della struttura) e gli interventi di mitigazione previsti per evitare molestie agli edifici del centro storico e alle abitazioni sparse". Lo stesso giudice avrebbe invece dovuto pronunciarsi sulla legittimità del progetto relativo al provvedimento impugnato e non ad altra ipotesi.

4.3. Totale pretermissione delle circostanze che le opere abusive non coincidevano con quelle autorizzate in precario.

La sentenza impugnata non ha considerato che le opere sanzionate non erano tra quelle a suo tempo provvisoriamente autorizzate.

4.4. Violazione e falsa applicazione delle N.T.A. del comune di Paitone (artt. 6, 6C, 6D) e R.L.I. recante la disciplina delle zone agricole per supposta derogabilità delle stesse.

Le norme sulle distanze delle stalle, di carattere igienico sanitario, non potevano ritenersi derogabili.

4.5. Asserita violazione degli art.27 e ss. del d.P.R.n.380 del 2001 e sul preteso vizio di difetto di motivazione ed istruttoria.

Il provvedimento impugnato non era illegittimo in quanto le opere abusivamente realizzate, di carattere precario, dovevano essere rimosse.

5. Non si sono costituiti in giudizio né il comune di Paitone, né il signor S.T..

6. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 26 ottobre 2017.

7. Nella stessa udienza, come risulta dal verbale, è stato dato avviso, ai sensi dell'art. 73, comma 3, del cod. proc. amm., al difensore presente che non ha replicato, della possibile inammissibilità del ricorso proposto dall'intervenuto ad opponendum in primo grado

8. L'appello è inammissibile.

9. Il signor F. ha proposto appello nella sua qualità di interventore ad opponendum nel giudizio di primo grado, senza tuttavia essere litisconsorte necessario in quel giudizio.

10. Già nel vigore della previgente disciplina processuale, si è negata la legittimazione all'appello all'interventore qualora non fosse titolare di una posizione sostanziale, ma solo di mero interesse di fatto, ad eccezione dei capi della sentenza concernenti la propria legittimazione e il regolamento delle spese di lite (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 2 aprile 2004 n. 1826 sulla scia di quanto affermato da Cons. Stato, Ad. plen., nn. 2 del 1996, 15 del 1997 e 2 del 2007; conformemente, del resto, all'indirizzo che pacificamente non ammette, coi limiti anzi detti, l'appello dell'interventore ad adiuvandum in primo grado essendo strutturalmente titolare di un interesse dipendente da quello dell'originario ricorrente, cfr. fra le tante Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2011, n. 1737; sez. VI, 5 ottobre 2010, n. 7293).

Questo principio trova ora consacrazione espressa nell'art. 102, comma 2, del cod proc. amm. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5198; Sez. III, 8 giugno 2016, n. 2451; Sez. IV, 5 marzo 2015, n. 1116).

11. Nel caso di specie, la generica qualità di proprietario di un immobile adiacente a quello in cui sono state eseguite opere abusive non vale - in assenza dell'allegazione di una specifica posizione di contro interesse in senso formale o sostanziale (id est occulto o sopravvenuto), basata sopra uno specifico vantaggio ritraibile dal provvedimento impugnato tale che si possa configurare in capo a quest'ultimo la titolarità di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo - a legittimare il ricorrente all'appello.

A tale conclusione, il Collegio perviene in coerenza alla posizione assunta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che, in casi analoghi, non ha ritenuto controinteressato in senso proprio, ad esempio: il condomino, relativamente ad un giudizio avente ad oggetto un diniego di permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 6444 del 2010); il confinante, rispetto all'impugnativa di un ordine di demolizione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 991 del 1995); il vicino rispetto ad un diniego di impianto fotovoltaico (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 867 del 2014); il dipendente pubblico rispetto all'impugnativa, da parte di un suo collega, dell'atto di controllo negativo che abbia annullato una delibera di inquadramento ad una qualifica superiore vantando una mera aspettativa di fatto a ricoprire l'incarico cui era collegata la promozione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 novembre 2012, n. 5775).

12. In definitiva, l'appellante, proprietario del fondo adiacente a quello nel quale sono state realizzate le opere abusive sanzionate con la demolizione, non dimostra, se non con riferimento al generico richiamo al ripristino della legalità e alle (non provate) immissioni odorose e rumorose, il suo interesse sostanziale. Dunque, seppure interveniente ad opponendum nel giudizio di primo grado, il cui esito peraltro non è stato impugnato da parte dell'Amministrazione soccombente, non può ritenersi legittimato a proporre appello ai sensi dell'art. 102, comma 2, del cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 5198 del 2016).

13. Per le ragioni sopra esposte, l'appello va dichiarato inammissibile.

14. Nulla per le spese in conseguenza della mancata costituzione delle parti intimate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore


Avv. Francesco Botta

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